venerdì 13 maggio 2016



Storia originale, ottime potenzialità ma incredibilmente trash. Partendo dagli attori, il protagonista maschile ha la stessa presenza scenica ed espressività di Stephen Amell in Arrow, ovvero, se prendessi il mio cane e gli mettessi il costume di Freccia Verde saprebbe fare molto meglio. Rigido e senza spessore. Jamie Alexander avrà anche fatto Thor ma non è per niente sciolta nel recitare.
Ovviamente la crew è composta da personaggi super fighi circondati da tecnologie all'avanguardia capaci di fare riconoscimenti facciali mentre analizzano materiale organico e fanno il caffè, il tutto contemporaneamente e nel giro di due secondi. Rimanda a tutti gli altri crime polizieschi alla NCIS, CSI e tutti i telefilm con una sigla nel titolo. Molto banale e poco credibile.
Altrettanto incredibile è la leggerezza dell'FBI nel lasciare che un civile partecipi a delle operazioni sul campo. Non sappiamo chi sia questa tipa, da dove venga o se si ricordi di come lavarsi i denti ma sì, certo, lanciamola comunque sul campo tra criminali e sparatorie. 
Le tempistiche sono completamente casuali e lo schema di ogni episodio è ripetitivo e scontato. Per quanto l'intrigo di base possa risultare interessante, la sceneggiatura sembra scritta da un undicenne e gli spunti sono gestiti male.


Voto:    

 


martedì 7 ottobre 2014

La Zia vs. la Casa

Non c’è giorno in cui la Zia non mi ricordi che questa non è casa mia e che qui sono solamente un’ospite di passaggio. Alla faccia dell’ospitalità. Rimpiango ancora oggi il giorno in cui mi sono lasciata convincere da lei in persona a compiere la scelta del trasferimento. Mi ha pregato e implorato: “Sì, dai, vieni a casa mia. C’è tanto di quello spazio…” Dannata me. E dire che avevo il sentore che sarebbe finita così.
Gli appendini per i cappotti sono per me, e per mia cugina Berenice nel periodo in cui viveva con noi, off-limits. Nel corridoio vi è uno specchio gigante su cui sono disposti ben quattro appendini. L’anno scorso eravamo solite appendere i nostri due cappotti su uno di quelli e puntualmente, dopo neanche quaranta minuti, li ritrovavamo stropicciati e spiegazzati sul letto della nostra stanza. Abbiamo provato a ripetere l’azione tre o quattro volte, con gli stessi identici risultati. Il tutto fino a che la Zia non ha iniziato a sclerare di brutto perché “non abbiamo rispetto delle sue cose”, “quasi la stiamo sfrattando” e “i cappotti vanno appesi dentro l’armadio”. Ogni volta che entro o esco da casa, il che succede parecchie volte durante la giornata, dovrei dunque arrampicarmi dentro l’armadio per appendere (o recuperare) il mio sciagurato cappotto con la consapevolezza che nel corridoio ci sono quattro appendini (creati apposta per appenderci i cappotti) che non posso utilizzare. Sarebbe lecito pensare che la Zia li voglia liberi per puro senso estetico… e invece no. Su uno degli appendini ha appeso  pantaloni e maglietta, su un altro la sciarpa, su un altro ancora il suo smanicato, e sull’ultimo il nulla assoluto. Non importa che sia libero o meno, è comunque proibito.
Il bagno degli ospiti, quello che io e Berenice dividevamo, è immenso. Quando siamo arrivate la zia si è occupata personalmente e senza alcuna richiesta da parte nostra di svuotare due piccoli scompartimenti nel mobile che si trova sotto il lavandino. Il suo delirio l’ha apparentemente spinta a dimenticare il particolare che è stata lei a svuotarlo e a chiederci di depositare shampoo, balsamo e trucchi vari lì dentro.
Quando uno sventurato visitatore mette piede in casa della Zia deve sorbirsi la tirata su come noi, e adesso solo io, stiamo cercando di buttarla fuori di casa. Si dirige in bagno dove apre le ante dei nostri scompartimenti inveendo ed esclamando “Guarda! Si sono prese tutto! Non ho neanche più spazio per le mie cose!” Cose che sono seminate dappertutto, sia nel suo bagno personale che in quello degli ospiti, e  che non usa. Ombretti, matite, rossetti, correttori anti-età, per le borse sotto gli occhi, smalti che non sa come utilizzare, cremine per le rughe del mento, delle orecchie, delle palpebre… di tutto e di più. Roba che continua a comprare, che si è dimenticata di avere e che, è convinta, noi rubiamo. Già, perché fremo dalla voglia di impiastricciarmi la faccia con i sieri anti-età. Ma soprassediamo sulle sue paranoie e parliamo invece di vestiti. La Zia non possiede un porta-panni per i vestiti sporchi e non vuole assolutamente che noi alteriamo l’equilibrio del suo habitat naturale comprandone uno (Non c’è spazio! Mi avete riempito la casa di cianfrusaglie!). Ciò implica che i vestiti sporchi vanno messi direttamente dentro la lavatrice. Niente di troppo strano se non fosse che lei non riesce a tollerare che i panni sporchi stiano così, esposti e in vista, e che si consacra al lavaggio dei vestiti sette volte a settimana. Anche se da lavare ci stanno solo due paia di mutandine e una maglietta, lei si ostina a lavare, lavare e lavare. E poi si lamenta perché lava troppo e ci cambiamo spesso. Ma se non lo facciamo, passa a rassegna i nostri armadi e ficca tutto ciò che gli capita sottomano in lavatrice, per avere l’impressione di non stare sprecando acqua ed elettricità.
Da qualche giorno a questa parte, se possibile, la sua insania va peggiorando. Pensavamo tutti che dopo la partenza di Berenice sarebbe migliorata almeno un po’. E invece no.
Ogni sera, prima di andare a letto, preparo lo zaino per l’università (sullo sgabello della stanza), i vestiti da indossare la mattina (in bagno) e l’ombrello, in caso il meteo preannunci pioggia, accanto alle chiavi (sullo zaino). E da adesso non è più possibile.
Troppa roba in giro, dice lei. E si diverte a riportare tutto al proprio posto mentre io dormo: l’ombrello nel porta-ombrelli dell’ingresso, i vestiti vengono lanciati a caso dentro l’armadio, lo zaino viene sbattuto a destra e a sinistra prima di essere riposto esattamente dov’era.

Oggi per colpa sua ho dimenticato l’ombrello. Grazie zia.

lunedì 6 ottobre 2014

La Zia vs. Pallette

Ho sempre sospettato che Zia Donatella avesse il pallino della zoofilia e ho accumulato diverse prove, nel corso di questi mesi, a sostegno della mia teoria. Il rapporto che lega la zia e Paco è alquanto ambiguo e una o due volte mi è successo di sorprenderla in una posizione compromettente. Una sera l’ho trovata sul divano con il viso tuffato nei genitali di Paco, mentre si esibiva nel suo repertorio di: “Eeeeh, cìcìcìcìcì! Ciccino Mio!”. Si è giustificata affermando che “gli stava solo facendo delle pernacchie sul pancino”. Certo.
Una mattina invece ho quasi rimesso colazione dopo la visione di lei, seduta sulla tazza del water (non chiude mai la porta del bagno perché sostiene di non avere nulla da nascondere), con il cane ubicato tra le cosce flaccide e ritto su due zampe. Questa scena è  impressa a fuoco nella mia mente e suppongo starà lì per un po’, almeno fino a quando non racimolerò il coraggio per parlarne con qualche psicanalista. Ma anche allora, dubito che me ne libererò mai.
Tale insania l’ha spinta anche a sostenere che tutti gli uomini di Patenia hanno fantasie sessuali sulle donne vedove e i loro cani. Se esistesse una graduatoria di persone alienate lei starebbe di sicuro in cima.
Ieri ha messo su un altro dei suoi spettacolini a beneficio di Adriana e Marzio. Stavamo cenando quando Marzio ha notato movimenti strani sotto il tavolo, si è chinato e l’ha colta sul fatto. Stava strapazzando i testicoli di Paco. L’ha sgridata per bene: “Ma ti sembra normale? Mentre mangiamo devi palpare  le palle al cane?”
Credo che lei si sia vergognata un po’ perché gran parte del flaccidume si è tinto di una tonalità simile al prugna. Probabilmente è così abituata a farlo che non l’ha neanche sfiorata il pensiero di avere un pubblico.
Pro: Ho dimostrato a me stessa di non essere pazza. In certe circostanze le stronzate che combina sono così folli che mi ritrovo a interrogarmi sulla autenticità di quello che ho visto/sentito.
Contro: Quasi certamente mi verrà un’ulcera per via di tutte le risate che ho dovuto soffocare.
Ne è valsa la pena.

sabato 4 ottobre 2014

Zia vs. Pippo Pig (Vicende Marziane)

Nel momento in cui ho aperto gli occhi, questa mattina, ho avuto il bruttissimo presentimento che quella di oggi sarebbe stata una giornata di merda. Incredibile come la mia dote di veggente decida di funzionare solo nel caso in cui si tratti di cattivi presagi. Ci ho azzeccato in pieno. Il presagio determinante, quello che ha portato alle certa e indissolubile consapevolezza dell’imminente catastrofe, è stato l’annuncio della zia, sparato a freddo durante la cena di ieri sera. “Domani mattina dovrò farmi la doccia”. Dopo aver rantolato per un minuto e mezzo con un frammento di pesce in umido incastrato in gola, ho pensato con una punta di commozione che avrei dovuto segnare la data sul calendario e far istituire festa nazionale per tutti gli anni a venire. Proprio come ho fatto quella volta in cui ho preso otto nel compito di matematica. Ma in realtà solo stamattina ho realizzato cosa ci fosse dietro quella novità proferita così a cuor leggero… calamità e sciagura. Secondo una leggendaria diceria appena  prima di morire la vittima predestinata avverte nell'aria odori strani. Quello, il fatto che la zia avesse usato le parole “farmi” e “doccia” nella stessa frase, avrebbe dovuto rivelare cosa avrei dovuto aspettarmi dalle successive ventiquattro ore.
In breve.
Marzio è un carabiniere del distretto di polizia e vigilanza di Grezzano sul Gingillo e stamattina alle dieci avrebbe dovuto ricevere un premio dal sindaco in persona per il lavoro svolto duranteblabla. Saremmo dovuti andare tutti: la zia, io e Adriana. La zia era così emozionata e nervosa all'idea di poter apparire in tv (sullo stesso canale della idolatrata Barburso), che ha deciso bene di alzarsi all'alba. Vi risparmio la trina su lei che sbatte le cose e alza e abbassa serrande a caso in giro per casa per grattarmi via dal letto.
Armandoci di pazienza e resistendo all'impulso di sedare la zia, partiamo. Ci perdiamo. Marzio chiama dicendo che ha dimenticato i guanti della divisa. La zia non ha fatto la doccia promessa.
Ma non finisce qui.
Dopo essere arrivati e non aver trovato posto all'interno del parcheggio, riusciamo ad entrare nell’edificio e non troviamo posto a sedere neanche lì. Aspettiamo in piedi almeno per una ventina d’anni che finiscano le prove e riprove della cerimonia alla  quale hanno partecipato moltissimi personaggi famosi (la zia era gasatissima), e almeno millemila persone tra vigili, carabinieri e polizianza varia.
E alla fine… niente encomio. Niente, nada, nisba.

Indignati e brontolanti siamo andati via, non prima di aver perso la zia che era rimasta attaccata, come una cozza allo scoglio, alle chiappe cascanti del sindaco. L’abbiamo ritrovata mentre rincorreva tale Pippo Pig, un tipo del programma della Barburso con sei chilometri di barba e che, a sentire lei, andrebbe sempre in giro vestito da maialino rosa. E la domande sorge spontanea… perché?

venerdì 3 ottobre 2014

Preistorici numeri di Pacubblica




La Zia vs. Manie di controllo

“Mi sento come in un campo di concentramento” dissi una volta, dopo una lezione particolarmente sfiancante del Raffaellazza . “Oppressa, privata pezzo dopo pezzo della mia identità e piegata alla volontà altrui”. ATTENZIONE: tale affermazione potrebbe probabilmente apparire un filino esagerata. E magari a mente fredda potrei darvi ragione.
Ma… dopo anche solo due giorni di convivenza con la Zia vi assicuro che non potrete più fare affidamento sulla vostra mente, fredda o calda che sia. Tutto ciò che vi rimarrà sarà un cranio vuoto riempito a poco a poco da ignoranza, pregiudizi, ignoranza, lattino e dalla sigla della Barburso che fa ancora da sottofondo musicale ai miei incubi più terribili. A volte me la immagino nelle vesti di un mago di strada mentre tenta di piegarmi come un cucchiaino da caffè. Tra i vari aspetti della nostra vita che la Zia intende controllare figurano:
1) il modo in cui facciamo pipì. Ritiene che Berenice abbia un getto troppo rumoroso e che probabilmente ciò è dovuto al suo essere una puttanella.
2) la quantità di acqua che beviamo al giorno. Sempre troppa, per i suoi gusti. Bere tanta acqua fa fare tanta plinplin e… vedi punto 1.
3)la percezione del freddo e del caldo. Non puoi avere freddo se lei sente caldo a causa delle vampate e non puoi avere caldo, in una torrida giornata di luglio, se lei ha deciso che fa freddo. Non fa una piega.
4) la quantità di cibo che ingeriamo al giorno. Sempre troppo poco, per i suoi gusti. Secondo la prima legge del carboidrato, elaborata dalla rinomata nutrizionista Donatella Zia, è bene mangiare almeno mezzo chilo di pane al giorno, 500 gr di pasta e tutto il formaggio che puoi spalmare sul pane e far sciogliere in mezzo alla pasta.
5) Allergie e intolleranze varie. La Zia sostiene che le allergie siano “tutte palle” inventate dalla gente per evitare di mangiare un determinato alimento. Un giorno, tra una chiacchiera e l’altra, le ho detto di essere allergica ai kiwi. L’indomani è andata appositamente al supermercato per comprare non una, ma ben due cassette stracolme di kiwi.
6) il numero di mutandine che cambiamo durante il corso della settimana. Cambiare la biancheria una volta al giorno è inaccettabile in casa Zia. Se non si hanno perdite e/o ciclo, secondo lei è inutile.

7) ∞

Legenda

Carla, Carola e Carlotta: amiche e colleghe di università conosciute a Grezzano sul Gingillo

Berenice (Quella Lì): Cugina di primo grado ed ex coinquilina

Paco Pio: Dannato cane, leccapiedi della Zia

Zia Donatella: Belzebù

Io (Questa Qui): me medesima

Adriana: Cugina di secondo grado, figlia della Zia e potenziale alleata

Marzio: Marito di Adriana, segretario e tesoriere del Club Anti-Zia

Mercuria: Amica dai tempi dell'asilo, abita a Patenia

Fortezza: Luogo di culto ritrovo all'interno dell'università Usina

Raffellazza: insegnante dell'Usina, sta in fissa con i genocidi

Andrei: temutissimo docente di cinapponese, interroga sempre e non spiega mai


mercoledì 1 ottobre 2014

Let's start again

Non c’è niente di meglio che svegliarsi all’alba quando sai che dovrai essere in università non prima dell’una e mezza. Ahimè, oggi è Giornata di Bonifica: avvenimento nonché festività settimanale inutile come il sale sulla salsiccia. La Zia si ostina a voler chiamare  Maria Antonia, la tipa delle pulizie, almeno due volte a settimana in quanto, a parer suo, da quando ci siamo noi l’ammasso di polvere (magaricifossealmenomifarebbecompagnia) che soleva sonnecchiare sulle mensole di casa sua ha preso una ventina di chili e adesso si chiama Giorgio.  Giorgio a parte, la faccenda ha un che di straordinario considerando che non rincaso mai prima delle sei e mezza di sera, alle sette in punto ceniamo, lavo i piatti e poi vado a letto. Ogni tre giorni sento l’impulso di fare una doccia, ma quello è un vizietto di cui non mi libererò mai. Le uniche faccende che mi permette di fare sono: lavare i piatti, fare il letto, raccogliere i vestiti stesi e pulire il lavandino del bagno (solo quello del bagno degli ospiti). Tutto il resto è proibito. Non posso toccare l’aspirapolvere o una pezza che lei arriva abbaiando come un mastino. Il divieto assoluto si estende agli stracci nello sgabuzzino e al Viakal. Tra l’altro senza Viakal non posso neanche pulire l’unico lavandino che mi è concesso avvicinare.
Ad ogni modo Maria Tizia sarebbe arrivata per le nove e mezza e dato che stamattina avevo un bisogno boia di fare una doccia clandestina, ho dovuto elaborare un piano a prova di Zia per non farmi sgamare. Ho fatto il letto in religioso silenzio prima che lei si svegliasse, così da non dovermela trovare tra i piedi e impiegare quaranta minuti ad allineare perfettamente la balza del lenzuolo con l’asse di rotazione terrestre sotto, neanche a dirlo, la sua stretta supervisione. Ho messo su l’acqua per il tè, unica bevanda insieme all’acqua di cui ho deciso di dissetarmi, dato che ho dovuto fingere di essere intollerante al lattosio per evitare la sorte del Paco (abbottato a lattino a vita). Ho masticato in fretta la mia brioche integrale, preparando l'illegale panino che mi sarei portata in “Fortezza” nella più completa oscurità. E allora è arrivato il momento propizio. Il momento in cui Lei si sarebbe dovuta svegliare per portare giù Paco a fare la sua pisciatina mattutina, lasciandomi venti minuti cronometrati per lavarmi, asciugare i capelli e tutta l’acqua dalle pareti plastificate del piano doccia e da ogni angolo della casa che al suo ritorno, ne ero certa, avrebbe tastato in cerca di prove della mia abluzione. Così, pronta con l’orologio in mano, l’ho fatto, ho dato il via al Segnale. Ho tirato lo scarico del water.
Lo scarico del water è per la Zia come un richiamo spirituale a cui non ci si può sottrarre. Prova che io mi sono svegliata prima di lei e che sono libera di fare quel che voglio senza la sua presenza asfissiante appollaiata sulle vertebre. Eccola che si desta, neanche un secondo dopo, come un cadavere dal sonno eterno. Sollevando il busto con le mani rigide sui fianchi e con un cespuglio di rovi ritti sulla testa piatta. E’ qualcosa a cui non sa resistere. Lei deve venire a vedere cosa sto combinando.
Ogni volta che siedo sul water, anche e soprattutto quando chiudo a chiave, la Zia arriva con l’impeto di una mandria di bufali a scardinare la porta per ficcare il naso dentro e scrutarmi coi suoi occhi rospini. “E allora?” mi chiede sempre con un accenno di svagato interesse. “E allora che cosa?” mi verrebbe da chiederle, dal basso del mio podio. Invece converto l’ostilità in una maschera di immobile indifferenza fino a quando non decide di sloggiare e lasciarmi ai miei espletamenti. La sua manovra successiva è quella di entrare, una volta che ho lasciato il bagno, ad assicurarsi che io abbia lasciato tutto in ordine. Palpa le asciugamani per valutarne il tasso di umidità, tasta i sanitari per stabilire se mi sono lasciata andare ad un lavaggio di troppo e poi scarica, scarica e scarica. Per ore e ore.
Con tutta l’acqua che le ho visto sprecare, in questo anno e mezzo, potrebbero riempirci il Mediterraneo e parte dell’Oceano Indiano.
La sento galoppare nel corridoio. E’ fatta.
Aspetto con infinita pazienza, tra una moina al cane e un rimprovero per essere intollerante al lattosio a me, che abbandoni il suo dannatissimo territorio. Separarsene è per Lei una sofferenza immensa, resa lampante dai sospiri appena accennati e scanditi da qualche “Povera me!” e “Me tapina!”
Sfrutto ogni istante di sua assenza per lavarmi i capelli con lo shampoo che sono costretta a nascondere per impedirle di buttarlo quando è ancora mezzo pieno. E ce la faccio. Missione compiuta.
Sembra non si sia accorta di nulla.
La giornata in università ha avuto, tutto sommato, un risvolto positivo. Ci siamo atteggiate a britanniche snob sbattendo in faccia alla studentaglia affamata i biscotti da tè fatti da Carola. Carla è venuta a trovarci per qualche minuto per deliziarsi insieme a noi di quella valida alternativa al minestrone e ho suggerito a Carlotta di realizzare un fumetto sulle nostre vicende. La Zia ricoprirebbe il ruolo di Cattivone che le spetta di diritto. Insieme all’Andrei. Voldemort dell’Usina e professore di cinapponese, l’Andrei semina angoscia e orrore tra i suoi studenti ignavi (me medesima).
A lezione ho preso appunti obliqui ma abbastanza comprensibili per i miei standard. Il professore Berretto di E. mi ricorda un po’ il Baffo. Stesso fascino da divano di terza mano, stesso monotono e piatto tono di voce, stessa noia. Ma a occhio e croce il Berretto sfoggia più capelli e panza.
Il professor Caio è stato piacevole quanto una sbollentata ai testicoli, ma almeno sappiamo con chi abbiamo a che fare. Abbiamo millemila libri e sospetto che siano tutti soporiferi.
Domani l’Andrei mi interroga, pregate per me.


Amen.

La Zia vs. il Tipo della Caldaia

Oggi mi sono alzata con l'omicidio in mente.
 Non garantisco che quella di oggi sarà una giornata pacifica.
La zia è nel panico da una settimana perché oggi dovranno venire SIA la donna delle pulizie SIA il tizio delle caldaia. Per lei gestire due persone contemporaneamente è troppo, quindi ci ha detto in maniera piuttosto esplicita che oggi ci vuole fuori dalle palle. Il fatto è, signori miei, che tali figuri non verranno prima delle dieci ma la zia, per prepararsi meglio psicologicamente al fatto, ha pensato bene di alzarsi alle sei.
Fin qui tutto fila e voi vi starete chiedendo il motivo della mia aggressività repressa. Vi annuncio ufficialmente che ha deciso anche, come ogni mattina in cui lei si alza prima, che sarebbe stato bene se ci fossimo alzati tutti. Ma lei non è una persona comune, né tanto meno un essere umano dotato di empatia. E ha iniziato dunque a sbattere tutto quello che è possibile sbattere su questo mondo, dalla federa del divano al cane innocente. Mi ha sbattuto anche i testicoli uno per volta. Poi, realizzando che alle sei non mi sarei alzata neanche per l'emergenza di un immediato sterminio di massa, ha pensato (difficile utilizzare questo verbo a cuor leggero quando si tratta di lei) che sarebbe stato ancora meglio se avesse acceso la luce del corridoio e avesse cantato la Traviata a squarciagola. Adesso, mettendo da parte lo stupore per il fatto che conosca una melodia diversa da quella della sigla di Pomeriggio Cinque, capirete che tutto questo è follia.
Ma la cosa non finisce qui, se è quello che temevate. Mia cugina, che era già sveglia dalle tre e mezzo per ripassare per l'esame di oggi, si stava preparando i vestiti in religioso silenzio nella nostra stanza quando è arrivata lei, l'origine di tutti i miei mali. Mi ha scrutato con fastidio per il fatto che osassi poltrire a letto mentre lei si era alzata da almeno 7 minuti e ha borbottato con tutta la cattiveria che le è intrinseca: "ma accenditela la luce". E come a rallentatore ho visto quell'insaccato di grasso che in molti si ostinano a chiamare dito avvicinarsi gradatamente all'interruttore della luce. Se ci trovassimo in un film horror finirebbe tutto qui e anzi il regista sarebbe comunque costretto a rilasciare un comunicato stampa in cui si scusa pubblicamente per aver traumatizzato le masse in maniera così oscena. Ma ci troviamo a casa Zia dove tutto è possibile e dove la trama non si evolve mai verso un lieto fine. Eccoci qua, intrappolati i  un gioco di sguardi, io, Berenice e la Zia. Berenice ha sbarrato gli occhi nella mia direzione e si è portata una mano alla bocca prevedendo cosa sarebbe accaduto a breve, io ho fissato la zia con tutto l'odio di cui sono capace sperando di appiccarle fuoco con la mente, Lei ha osservato le mie reazioni compiaciuta, con quegli occhi perversi da lampadina da 500 watt. E luce fu. Ho sentito subito le cornee bruciare e per un primo. folle momento ho sperato che il mio tentativo di incendiarla avesse funzionato. Fiamme, fiamme ovunque.

Mi arrostii come un vampiro esposto alla diretta luce del sole.

martedì 30 settembre 2014

La Zia vs. il Minestrone

“Zia Donatella è proprio un donnone imponente e tarchiato” mi ritrovo a pensare mentre scruto oltre la tavola apparecchiata la mia unica zia che spignatta tra i fornelli del cucinino. “E’ proprio tozza” medito con una vena di sadica allegria. Dal mio posto al tavolo da pranzo riesco a vedere solo il suo bitorzoluto sederone che striscia tra la cucina e il minuscolo tavolo senza lasciare spazio neanche per un filo d’aria. Non so se i mobili della cucina sono sempre stati blu o è la mia angoscia che si espande a tinte vivaci. La studio come si farebbe con un insetto al microscopio: due occhi lucidi e tondi come due palline da golf sono incastonati in un volto squadrato, brutto quanto quello di una tartaruga vecchia e morente. L’intricata rete di rughe che attraversa ogni centimetro di pelle floscia e le protuberanze di grasso su ogni parte del corpo non aiutano di certo a rendere il suo aspetto più gradevole. E’ opinione comune che il suo aspetto fisico sia specchio della sua anima arida come il deserto. L’aura oscura che la circonda emette malvagità a fiotti costanti e ravvicinati, respingendo ogni amichevole tentativo di avvicinamento da parte di chicchessia. L’unico essere vivente che sembra non suscitarle fastidio o noia ha quattro zampe e cinque centimetri di pelo. Paco è un banalissimo meticcio per una buona percentuale della popolazione di Grezzano sul Gingillo; per la zia è ciò che più si avvicina al concetto di divinità in Terra: il nuovo Messia.
Gli attribuisce intenzioni, azioni, parole, miracoli che un cane sprovvisto di pollice opponibile, come lo è Paco, non potrebbe mai neanche immaginare. In effetti l’unica intenzione che potrei attribuire a Paco è quella di spazientirmi fino allo sfinimento.
Ho ormai imparato a sopprimere gli istinti omicidi quando alle quattro e mezza del mattino, decide di dare sfogo al suo lato più selvaggio mettendosi ad ululare alla luna come un lupo mannaro. Quante volte ho sognato di avere una pistola carica di proiettili d’argento sotto al cuscino… Ma in questo momento Paco è l’ultimo dei miei problemi, mi rendo conto osservando la zia mescolare la brodaglia verdognola che servirà a breve per cena. Per l’ennesima volta.
« Qualcosa di caldo… la sera… » dice appagata spiando con la coda degli occhi la mia espressione. Rimango impassibile mentre un moto d’odio mi attraversa le membra. Si tratta di un rituale quotidiano: che ci siano due o trentacinque gradi la zia è dell’opinione che qualcosa di caldo, la sera, faccia sempre bene. Scruto con disprezzo la sbobba melmosa che mi sta sbattendo con malcelata soddisfazione nel piatto, ma non oso dire niente. Se anche emettessi un solo fiato mangerei minestrone per tutta la settimana a venire. A volte tendo infatti a sottovalutare l’indole gratuitamente perfida della zia e mi ritrovo a dover fare i conti con  la sua sottile spietatezza. Come quando mi è scappato che non vado pazza per pesce e piselli e per tre giorni non ha fatto altro che cucinare… pesce in umido e piselli. Meglio far finta di niente e fingere commozione e gioia per le verdure surgelate.  Impugno il cucchiaio come farei con un coltello da macellaio e accoltello la mia cena. « Mmm…» commento in tono neutro. Ma la zia non mi sta prestando attenzione, intenta com’è a sminuzzare in frammenti microscopici la “svizzera” che ha cucinato appositamente per il cane. Il fatto che debba quasi frullargli la carne per me costituisce una dei più grandi misteri che avvolgono la figura della zia. Paco è capace di sgusciare una noce e mangiarla con il solo ausilio delle zanne e lei si preoccupa che si strozzi con un po’ di carne. “Taglialo! Che poi si soffoca!” abbaia ogni sera, quando mi becca a rifilargli i rimasugli di cibo che non riesco più a mandare giù.
« Beh? A che ora torna Quell’altra? » mi chiede la zia con falsa noncuranza  mentre si strizza tra il tavolo e lo schienale della sedia, incastrando il sederone come un parallelepipedo di Tetris.
« Non so a che ora tornerà Berenice>> calco bene l’ultima parola nella speranza che a furia di sentirlo ripetere impari finalmente almeno uno dei nostri nomi. Berenice, o altrimenti conosciuta come Quell’altra,  è la mia compagna di sventure, cugina di primo grado e coinquilina. Ci siamo trasferite qui dalla zia da meno di un anno per poter studiare all’Usina, una delle più illustri università del Paese... E non c’è giorno che non rimpianga di non essermi piuttosto arruolata nell’esercito israeliano o di aver intrapreso la carriera del muratore. E invece mi trovo qui, a respirare ogni giorno aria pregna di malcelata ostilità e terrorismo psicologico, a mostrare costante gratitudine alla donna che non fa altro che rendere la mia vita invivibile per il puro piacere di farlo.

Mi lascio andare ad un sospiro sofferto mentre accosto il cucchiaio alle labbra. Spero ogni santissimo giorno in un’improvvisa mutazione genetica del minestrone, qualcosa che lo privi di quel saporaccio di piedi. Speranze vane, rabbrividisco  nel momento in cui la zia dà inizio al suo personale concerto di schiocchi e risucchi. Come se avesse appena soffiato dentro un fischietto ad ultrasuoni, Paco giunge sculettando come una prima donna. Ho appena il tempo di roteare gli occhi al cielo ed ecco che inizia il solito “Eeee cìcìcìcìcì, ciccino mio!”. Paco è tutto uno scodinzolio contento. La zia può mentire a se stessa quanto vuole, ma tutte e due sappiamo che l’entusiasmo di Paco è suscitato dal parmigiano in bilico sul tavolo. Lo allontano con discrezione dalla sua portata, e  non senza un certo senso di appagamento. La zia ci mette due secondi a sopprimere il mio momento di gloria.
« Beh? A che ora torna Quell’altra? » Déjà-vu.
« Non so a che ora tornerà Berenice » Mi stavo già chiedendo quando sarebbe tornata all’attacco, per un attimo ho quasi creduto che avesse iniziato a perdere colpi. Giammai.
Sento improvvisamente una melodia angelica provenire dalla serratura della porta di casa e freno l’impulso di alzarmi e ballare la conga. Berenice è tornata, Berenice ha appena messo piede nell’appartamento…
E tre, due, uno…
« Sempre più tardi! » con il suo solito tono da castrato la zia intraprende la sua trita e ritrita sfuriata sui giovani poco rispettosi, su come sembriamo essere state allevate dai muli, su come le nostre teste sembrano avere una forma fallica, su come i giovani muli dalla testa fallica siano poco rispettosi…
O forse sono io che non presto abbastanza attenzione. Come se mi avesse letto nel pensiero la sua testa quadrata da personaggio di Minecraft fa uno scatto demoniaco nella mia direzione.
« E tu! Sbrigati! Che poi si raffredda e diventa immangiabile! »
Non c’è pericolo.
Ehi, questa è la maxistoria di come la mia vita è cambiata, capovolta, sottosopra sia finita, seduta su due piedi, qui con te, ti parlerò di me, supertappa di Pateeen'.
Giocando a Matrix coi cugini sono cresciuta, me la sono spassata, uhau, che fissa ogni minuto! Le mie toste giornate filavano così, tra una finta sparatoria e Big Bang Theory. Poi la mia pistola, lanciata un po' più su, andò proprio sulla testa di quei vichinghi laggiù. Il più duro s'imballo, fece una trottola di me e la mamma preoccupata disse: "Vattene a Grezzen'!"
L'ho pregata, scongiurata, ma dalla zia vuole che vada. Lei mi ha fatto le valigie e ha detto: "VA' PER LA TUA STRADA!" Dopo avermi dato un calcio e un biglietto per partire, con l'ipod nelle orecchie ho detto: "Qua meglio sgommare!" 
L'Usina: ma è uno sballo! Caffè a venti cent e fortezze di cristallo... Se questa è la vita che fanno a Grezzen' per me... mmm mmm! Poi tanto male non è!
Sono andata in metro rossa con il biglietto collaudato, come in Formula 1 mi sentivo gasata. Una vita tutta nuova sta esplodendo per me... avanti a tutta forza, portami a Grezzen'!
Oh, che smerdola di clima, mi sento già depressa, la vita di prima non puzza più di vecchio, ma guardate ormai gente in pista chi c'è, la supermegatappa, la svitata di Pateen'.